La salute è un mio diritto, è un diritto di tutti.

Sono già passati due anni esatti, sembra ieri.
Era il 18 febbraio del 2012 quando in seguito a un intervento di routine alla vagina, fatto per questioni non estetiche ma di funzionalità mi ritrovavo con una fistola rettovaginale dovuta all' imperizia e alla scarsa competenza del medico che mi ha operata.
Io la visita l' avevo fatta con un altro medico e ho dovuto aspettare quattro anni, si sa che in Italia le liste di attesa sono lunghissime.
All' intervento non trovai il medico che mi aveva visitata ma un giovanotto, un po' bullo, che non mi ispirò fiducia.
Mi fu detto che dovevo fidarmi, era l' allievo prediletto del chirurgo che mi aveva operata nel 2000.
Ho scoperto in seguito che è il nipote, forse deve a quello il posto che gli è stato assegnato.
Fui operata senza seguire i protocolli e una settimana dopo una volta tolte bende e garze e tornata a casa mi accorsi di avere perdite di aria e altro dalla vagina.
Mi precipitai a Roma, dal medico che mi aveva operata, chiaramente mi fece intendere che lui aveva fatto un capolavoro di intervento e che i problemi me li ero causata da sola, magari con le lavande vaginali.
Già, perché noi donne se ci facciamo una lavanda la spingiamo fino al collo dell' utero.
Mi fece una veloce visita esterna e mi disse di aspettare, quel buchino si sarebbe chiuso da solo, evidentemente anche lui come la famiglia Anania crede nella Provvidenza e nello Spirito Santo.
Mi raccomandò di nutrirmi solo di liquidi, per evitare di produrre feci e aspettare.
Un mese a digiuno, bevendo te, succhi di frutta,e yogurt liquidi.
Intanto mi ero rivolta alle strutture della mia Regione, la Toscana, visto che l' intervento era stato eseguito a Roma. Niente da fare, nessuno interviene su interventi fatti da altri.
Ok, anche se non lo trovo eticamente giusto almeno visitarmi.
Nulla da fare, neanche quello:poi in forma privata e grazie ad amici sono riuscita a fare una tac e una risonanza, la fistola era quasi una perforazione dell' intestino visto il diametro, ben tre cm.
Mi sono rivolta a tutte le strutture di Italia, nessuno si è voluto far carico della situazione dovevo tornare a farmi curare dal Dottor Mengele.
E così a maggio mi ritrovo a Roma nello stesso ospedale, vengo sottoposta a un intervento per chiudere questa voragine con dei punti.
Ho scoperto solo in seguito che l' intervento serviva solo a nascondere i guasti del primo; i tessuti della vagina erano andati in necrosi.
Così a tre giorni dell' intervento mi accorgo di avere ancora perdite dalla vagina.
Lì perdo il lume della ragione, protesto, urlo anche perché mi viene detto che devo sottopormi ad un terzo intervento, la deviazione dell' intestino.
Mi rifiuto di farmi rioperare dallo stesso medico, chiedo aiuto ad amici parlamentari, lo so è brutto, non si dovrebbe fare, ma vengo operata da un altro medico e con la laparoscopia.
Mengele già parlava di tagliarmi come per un cesareo.
Dopo l' intervento fui cambiata di stanza e messa in isolamento, in modo da non potermi relazionare con gli altri pazienti e intanto il personale ospedaliero faceva girare la voce che in quella stanza c' era una pazza pericolosa, una drogata da cui tenersi alla larga.
Sono bravi a delegittimare la gente e poi la parola di un primario vale più della mia.
Mi nutrivano con le flebo, avevo perso peso, capelli, vista, ero sola e lontana da casa.
Dopo quasi un mese fui dimessa con queste parole:
" Tra sei mesi ti rimettiamo a posto l' intestino e se devi fare qualcosa d' ora in poi (per qualcosa intendevano sesso), ti giri e dai il culo ".
Eh si, c'è molta considerazione delle donne transessuali anche negli ospedali italiani.
Tornata a casa andai dai carabinieri a denunciare.
Iniziò la seconda parte del calvario.
Avevo bisogno di cure, interventi, ma nessun ospedale come già successo in precedenza volle curarmi.
Nessun giornale volle pubblicare la notizia, non ci si mette contro gli Ospedali che godono di appoggi dall' alto.
Dopo sette mesi cominciai ad agire da sola.
Pedinavo l' assessore regionale alla sanità e a ogni sua conferenza stampa prendevo la parola e guai a zittirmi.
Quando a forza di gridare cominciai ad attirare l' attenzione dei media e delle TV, la Regione si mosse subito e mi affidò a quel medico fiorentino che per più di un anno non mi aveva voluto ricevere.
Altri tre interventi non sono bastati a risolvere la  situazione, ne servono altri due.
Il primo a breve e il secondo all' estero se avrò i soldi.
Intanto il processo è fermo, il medico di Roma ha continuato a operare fino a maggio e ha rovinato la vita ad altre donne.
Io sono ancora stomizzata e la mia vagina è uguale a quella di una donna infibulata.
Mi hanno portato via due anni della mia vita, negandomi il diritto alla salute, al lavoro, perché fisicamente non sono in condizioni di lavorare, ad avere una vita sessuale e sentimentale.
ma se sperano che mi arrenda, si sbagliano, pagheranno caro e tutto
Nessuna persona dovrà trovarsi più in queste situazioni.
Però perché questo succeda bisogna che le persone prendano coraggio e inizino a denunciare invece di affidarsi ad Associazioni che difendono solo i loro di interessi.

1 commento:

  1. Mi dispiace Elena, avevo letto sulla tua pagina fb parte di questa tua disavventura ma leggerla per intero e tutta d'un fiato mi ha smosso diverse emozioni contrastanti.... dallo sdegno, alla rabbia, frustrazione e disagio ma anche tenerezza.
    Hai mai pensato a lanciare un Crowdfounding per sostenere quella operazione all'estero ?
    Io ci sono.
    Un abbraccio Lorenzo Santi

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