Diritti LGBTIQ, l’Onu fa passi avanti, l’OMS è ferma agli anni ’80


L’Onu fa passi avanti sul tema dei diritti delle persone omosessuali; è di qualche giorno fa la notizia che i suoi dipendenti e le sue dipendenti omosessuali che si sposeranno in un paese diverso da quello di provenienza, dove è possibile il matrimonio tra persone dello stesso sesso, verrà riconosciuto a pieno titolo e godranno di tutti i benefici come l’assistenza sanitaria.
Fino ad oggi invece, venivano riconosciuti solo i matrimoni tra persone dello stesso sesso solo se i dipendenti provenivano da un Paese dove erano già legali, quelli contratti in paesi terzi invece no. Ma grazie al segretario generale Ban Ki-Moon saranno riconosciuti in ogni caso, qualunque sia il paese di provenienza.

Ad esempio, se dipendenti omosessuali iraniani (Paese dove l’omosessualità è punita con l’impiccagione), si sposassero in un paese terzo, il loro matrimonio sarebbe riconosciuto.


Bisogna aggiungere però che se si è arrivati a questo risultato lo si deve al gruppo UN-Globe, che rappresenta i dipendenti omosessuali dell’ ONU che da ben vent anni faceva pressione per cambiare la politica delle Nazioni Unite. La direttiva entrerà in vigore a partire dal 26 luglio e si applicherà a tutti i dipendenti dell’ Onu in tutto il mondo, anche agli Ugandesi che nel loro paese rischiano l’ ergastolo grazie a una Legge votata anche dai cattolici e su cui Papa Francesco, quello di: «Chi sono io per giudicare un gay?», stavolta non ha proferito parola.

«Troppi di noi – ha commentato il presidente di UN-Globe Hyung Hak Nam – hanno sofferto per questa situazione. Troppi di noi non hanno potuto garantire ai loro partner i diritti elementari. Questa è una grande vittoria».

Ma se l’ Onu fa passi avanti, l’OMS invece è partita con una caccia alle streghe. L’organizzazione ha lanciato una proposta che suggerisce ai gay di assumere preventivamente farmaci antiretrovirali come forma di prevenzione. A quanto pare, dopo trent’anni l’AIDS è ancora considerata dall’OMS “La peste dei gay”, così veniva definita negli anni 80. Una boutade vergognosa e discriminatoria, anche perché ormai il virus colpisce tutti indiscriminatamente, in particolare le donne che spesso contraggono la malattia grazie a dei compagni infedeli, ma quando se ne accorgono è ormai troppo tardi.

E poi non si tiene minimamente conto degli effetti collaterali dei farmaci antiretrovirali: danneggiano il fegato, i reni, l’umore e l’elenco sarebbe lungo. L’iniziativa dell’ OMS sembra quasil’ennesimo regalo alle case farmaceutiche. Forse l’organizzazione dovrebbe aggiornarsi e seguire approcci più scientifici e meno ideologici. Magari cominciando a non considerare più il transessualismo una patologia, come ha già fatto con l’omosessualità da oltre vent’anni.


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